Il Cane di strada, smarrito, fuggito...randagio !
Raccolta a cura di : Ilcinofilo.it per ” Pianeta Sindacale Carabinieri, un viaggio straordinario nella galassia dei Carabinieri d’Italia.”
Tanti e diversi sono gli scenari nei quali il Carabiniere si trova ad agire.
Spesso, il cittadino si rivolge alle forze dell’ordine per segnalare la presenza di cani randagi, potenziale pericolo per la viabilità stradale o addirittura per l’incolumità di passanti e del cane stesso.
Ma quali sono le reali competenze in materia?
E come comportarsi difronte ad uno o più cani randagi?
Sotto casa tua circola, da diverse settimane, un branco di cani randagi. Alcuni di questi hanno l’aspetto aggressivo, altri sembrano affamati, altri ancora presentano segni di ferite sul volto, presagio di malattie contagiose per l’uomo. Hai chiesto all’amministratore di condominio di allertare il Comune e di far intervenire il servizio di acchiappacani, ma nessuno ad oggi si è mosso. Temi per la tua incolumità e per quella dei bambini. Se mai uno degli animali dovesse morderti, chi ti risarcirebbe? Così hai deciso di muoverti in prima persona. Prima però di inviare diffide, di allertare carabinieri, polizia o Asl hai bisogno di sapere quale autorità è competente in materia: chi è responsabile dei cani randagi? Ecco alcuni chiarimenti che fanno al caso tuo.
Indice
- 1 Responsabilità per cani vaganti
- 2 Cane randagio: è responsabile il Comune?
- 3 Incidenti stradali provocati da cani randagi: chi è responsabile?
- 4 Responsabilità cani abbandonati
Responsabilità per cani vaganti
Come sempre succede in Italia, tutte le volte in cui bisogna stabilire quale sia il soggetto responsabile dei danni prodotti da un fatto illecito, sorgono difficoltà di tutti i tipi. I dubbi interpretativi sulle leggi in vigore si palpano già dalla lettura delle sentenze dei tribunali, spesso in contrasto tra loro. Non fa eccezione il problema del randagismo. Ne abbiamo già parlato in Cani vaganti: sentenze.
Non c’è dubbio che, tutte le volte in cui un cane è iscritto all’anagrafe canina, l’unico responsabile è il suo titolare; tuttavia, quando l’animale è affidato a un terzo è quest’ultimo che si assume tutte le conseguenze dei danni (si pensi al dog-sitter o al marito che porta a spasso il cane “intestato” alla moglie; leggi sul punto Danno da animale domestico: risponde anche il coniuge del padrone?).
Il problema si pone quando il cane non è di nessuno, è cioè un randagio dalla nascita o un cane abbandonato. In questi casi, chi risponde dei morsi, dei danni e degli eventuali incidenti procurati dall’animale? Ecco alcuni chiarimenti.
Cane randagio: è responsabile il Comune?
Non esiste una normativa generale, valida su tutto il territorio nazionale, che stabilisca chi è responsabile dei cani randagi. L’organizzazione del servizio di accalappiacani è infatti regolata da leggi regionali. Ogni Regione ha le proprie regole. Come ha spiegato la Corte di Appello di Lecce [1], la legge regionale può affidare i compiti di prevenzione e contrasto del randagismo all’Asl. Se però così non dovesse essere, il soggetto responsabile resta il Comune, in quanto tenuto al controllo del territorio locale.
Secondo la Cassazione [2] tutto si gioca su una ripartizione di compiti tra Comuni e Asl e la responsabilità dell’uno non fa venir meno quella dell’altro soggetto. Difatti:
- i Comuni devono occuparsi dell’organizzazione, della prevenzione e del controllo dei cani vaganti, per evitare che provochino danni alla persone del territorio. A loro spetta, quindi, la costruzione, la sistemazione e la gestione dei canili e dei rifugi per cani;
- le Asl devono invece gestire il servizio di accalappiamento dei cani vaganti, trasferendoli presso i canili pubblici.
Dunque si può parlare, a detta della Suprema Corte [3], di una responsabilità solidale tra Comune e Azienda sanitaria. Questo almeno fino a quando si parla di malattie, aggressioni e morsi. I problemi sorgono però quando si verificano incidenti stradali dovuti all’attraversamento dei cani randagi. Vediamo perché.
Incidenti stradali provocati da cani randagi: chi è responsabile?
Andare a sbattere contro un albero a causa della distrazione o dell’eccesso di velocità e poi dare la colpa a un cane randagio, subito scappato, è una facile scusa per farsi riparare l’auto gratis dal Comune. Così la Cassazione ha messo una stretta alle richieste di indennizzo di tale tipo. Leggi Incidenti con cani randagi: Comune non più responsabile. Con un orientamento varato circa un anno fa la Corte ha ritenuto responsabile il Comune solo laddove la presenza del cane randagio all’interno dell’area ove si è verificato l’incidente era stata già segnalata e, nonostante ciò, l’ente non abbia predisposto la messa in sicurezza della strada.
Questo perché non si può pretendere un capillare controllo del territorio da parte dell’Asl e del Comune che per legge – è vero – sono addetti alle attività di “accalappiacani” ma non hanno il dono dell’ubiquità. Il fenomeno del randagismo è così diffuso da non permettere ai soggetti preposti di svolgere puntuali e tempestivi interventi. Così se nessuno segnala all’amministrazione la presenza di randagi a zonzo per le vie del quartiere, questa non può neanche essere messa nella condizione di intervenire.
A complicare le cose c’è il fatto che a dover dimostrare la consapevolezza del Comune è lo stesso automobilista danneggiato: una prova praticamente impossibile, a meno che non sia stato lui stesso a segnalare la presenza degli animali all’amministrazione.
In più bisogna sempre dimostrare, con certezza di prove, che il danno sia stato provocato proprio dall’animale e non da altri fattori.
Responsabilità cani abbandonati
Per i cani abbandonati dal padrone, quest’ultimo (identificabile dal tatuaggio sull’animale realizzato al momento dell’iscrizione all’anagrafe canina) resta responsabile per tutti i danni da questi arrecati. L’unico modo per esonerarsi da ogni colpa è fare una denuncia di smarrimento alle autorità che, quindi, verranno responsabilizzate della ricerca e cattura dell’animale.
note
[1] C. App. Lecce, sent. n. 435 del 28.04.2016.
[2] Cass. sent. n. 10190 del 28.10.2010 e Cass. sent. n. 17528 del 23.08.2011. Trib. Santa Maria Capua Vetere sent. n. 420 dello 01.02.2016.
[3] Cass., sent. n. 16802/2015 del 13.08.2015.
[4] Cass. ord. n. 11591/18 del 14.05.2018.
Tratto da: https://www.laleggepertutti.it/
COMPITI DEI COMUNI
(SINDACO)
■ Attuazione di piani di controllo delle
nascite di cani e di gatti.
■ Risanamento dei canili comunali e
costruzione di rifugi per cani.
■ Gestione dei canili e gattili direttamente
o tramite convenzioni con associazioni
animaliste e zoofile o con soggetti privati.
■ Organizzazione, congiuntamente alle ASL,
di percorsi formativi per i proprietari di cani
con conseguente rilascio di specifica
attestazione denominata “patentino”,
anche in collaborazione con gli ordini
professionali dei medici veterinari, le
facoltà di medicina veterinaria, le
associazioni veterinarie, quelle di
protezione degli animali e gli educatori
cinofili.
■ Individuazione, in collaborazione con i
servizi veterinari, dei proprietari di cani
soggetti all’obbligo di svolgimento dei
percorsi formativi.
■ Identificazione e registrazione in anagrafe
canina, tramite il Servizio Veterinario
pubblico, dei cani rinvenuti sul territorio e
di quelli ospitati nei rifugi e nelle
strutture di ricovero convenzionate.
■ Dotazione alla Polizia locale, di almeno
un dispositivo di lettura di microchip
iso-compatibile.
■ In caso di avvelenamento di un animale di
specie domestica o selvatica, il sindaco
deve:
● Impartire immediate disposizioni per
l’apertura di un’indagine in
collaborazione con le altre Autorità
competenti;
● Provvedere, entro 48 ore
dall’accertamento della violazione, ad
attivare tutte le iniziative necessarie
alla bonifica dell’area interessata
dall’avvelenamento;
● Far segnalare con apposita
cartellonistica, l’area di pericolo;
● Predisporre e intensificare i controlli
da parte delle Autorità preposte.
C O M P E T E N Z E E R E S P O N S A B I L I T À
COMPITI DEL SERVIZIO
VETERINARIO DELL’ASL
■ Vigilanza e controllo dello stato sanitario
di canili, gattili e rifugi.
■ Identificazione e contestuale registrazione
dei cani in anagrafe canina e verifica della
presenza del microchip.
■ Sterilizzazione dei randagi e dei cani
ospitati nei canili.
■ Vigilanza e ispezione dei locali e delle
attrezzature utilizzate per attività di
commercio, allevamento, addestramento e
custodia degli animali d’affezione.
■ Organizzazione, d’intesa con i Comuni, dei
percorsi formativi previsti per i proprietari
di cani.
■ Attivazione, a seguito di morsicature o
aggressioni, di un percorso mirato
all’accertamento delle condizioni
psicofisiche dell’animale e della corretta
gestione da parte del proprietario.
■ Individuazione, in caso di rilevazione di
elevato rischio di aggressività, delle misure
di prevenzione ivi inclusa la necessità di un
intervento terapeutico da parte di medici
veterinari esperti in comportamento
animale.
■ Tenuta ed aggiornamento del registro dei
cani a rischio elevato di aggressività.
■ Invio all’Istituto Zooprofilattico
Sperimentale (IZS) competente per
territorio, delle spoglie degli animali
domestici o selvatici, deceduti per sospetto
avvelenamento, e di ogni altro campione
utile ai fini della conferma diagnostica.
COMPITI E OBBLIGHI
DEL VETERINARIO LIBERO
PROFESSIONISTA
■ Verifica della presenza dell’identificativo
elettronico (microchip).
■ Informazione al proprietario o detentore
degli obblighi di legge, in caso di assenza o
illeggibilità del codice identificativo.
■ Identificazione degli animali mediante
applicazione di microchip e contestuale
registrazione in anagrafe canina regionale,
se abilitato ad accedervi.
■ Informazione ai proprietari di cani in
merito alla disponibilità di percorsi
formativi.
■ Segnalazione ai Servizi Veterinari della
ASL, della presenza, tra i loro assistiti, di
cani che richiedono una valutazione
comportamentale.
■ Rispetto del divieto di effettuare
interventi chirurgici destinati a modificare
la morfologia di un cane se non finalizzati
a scopi curativi, con particolare
riferimento a:
● recisione delle corde vocali;
● taglio delle orecchie;
● taglio della coda (fatta eccezione per i
cani appartenenti alle razze canine
riconosciute alla F.C.I. con caudotomia
prevista dallo standard);
● estirpazione delle unghie.
■ Rilascio di apposito certificato medicolegale attestante le finalità curative degli
interventi chirurgici effettuati su corde
vocali, orecchie e coda.
■ Segnalazione al Sindaco e al Servizio
Veterinario dell’ASL competente per
territorio in caso di diagnosi di sospetto
avvelenamento di un esemplare di specie
animale domestica o selvatica.
■ In caso di decesso di un animale per
sospetto avvelenamento, invio delle spoglie
e ogni altro campione utile, con relativo
referto anamnestico, all’Istituto
Zooprofilattico Sperimentale per il tramite
del Servizio Veterinario dell’ASL.
RESPONSABILITÀ
E DOVERI DEL PROPRIETARIO
E DEL DETENTORE
■ Divieto di abbandono dei cani, gatti o
qualsiasi altro animale d’affezione
custodito.
■ Responsabilità sia civile che penale per
danni o lesioni a persone, animali e cose
provocati dal proprio cane.
■ Obbligo di segnalare alle Autorità
competenti il decesso del proprio cane a
causa di esche o bocconi avvelenati.
■ Obbligo di:
● Far identificare con microchip e
iscrivere il proprio cane nell’anagrafe
regionale nel secondo mese di vita.
● Fornire al proprio animale:
– il cibo e l’acqua regolarmente e in
quantità sufficienti;
– le necessarie cure sanitarie ed un
adeguato livello di benessere fisico
ed etologico;
– idoneo esercizio fisico;
– una regolare pulizia degli spazi di
dimora.
● Prendere ogni possibile precauzione per
impedire la fuga del proprio animale.
● Garantire la tutela di terzi da
aggressioni.
● Utilizzare sempre il guinzaglio ad una
misura non superiore a mt 1,50, durante
la conduzione dell’animale nelle aree
urbane e nei luoghi aperti al pubblico.
● Portare con sè una museruola, rigida o
morbida, da applicare al cane in caso di
rischio per l’incolumità di persone o
animali o su richiesta delle Autorità
competenti.
● Affidare il cane a persone in grado di
gestirlo correttamente.
● Acquisire un cane assumendo
informazioni sulle sue caratteristiche
fisiche ed etologiche nonché sulle
norme in vigore.
● Assicurare che il cane abbia un
comportamento adeguato alle specifiche
esigenze di convivenza con persone e
animali rispetto al contesto in cui vive.
● Provvedere a stipulare una polizza di
assicurazione di responsabilità civile
per danni contro terzi, qualora il
proprio cane sia stato inserito nel
Registro dei cani a rischio elevato di
aggressività tenuto dai Servizi
Veterinari.
È VIETATO A CHIUNQUE
■ Abbandonare un animale da compagnia.
■ Utilizzare in modo improprio, preparare,
miscelare e abbandonare esche e bocconi
avvelenati o contenenti sostanze tossiche
o nocive, compresi vetri, plastica, metalli e
materiale esplodente.
■ Detenere, utilizzare e abbandonare
alimenti preparati in maniera tale da poter
causare intossicazioni o lesioni al soggetto
che li ingerisce.
Randagismo | |
Legge 281 del 14 Agosto 1991 “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 30 agosto 1991: | |
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Le normative che tutelano i cani randagi
Il randagismo è un fenomeno complesso che abbiamo già definito come ecologico-dinamico e caratterizzato dalla presenza di cani vaganti sul territorio. Primo passo è comprendere la differenza tra le distinte tipologie di cani vaganti che possiamo incontrare liberi nelle strade, e non solo, delle città. Questa distinzione e la dinamicità delle interazioni tra le diverse tipologie di cani possono essere riassunte con l’espressione “ecologia del randagismo”. Tale distinzione ci aiuta come cittadini a comprendere un po’ meglio il fenomeno e a identificare eventuali categorie a rischio elevato, come i cani abbandonati o smarriti e a tirare un sospiro di sollievo, ad esempio, quando si tratta di “cani di quartiere” che siano ben accuditi. Rifletteremo inoltre, su come il randagismo sia un fenomeno strettamente influenzato dal territorio, dalle culture e dalle abitudini legate al territorio stesso.
Come è la normativa in Europa
Sarà forse sorprendente per alcuni di voi scoprire che in Europa non esiste una normativa comunitaria specifica sul randagismo, nonostante sia un fenomeno sempre contemporaneo ed estremamente serio e grave in alcuni Paesi europei. Le raccomandazioni di riferimento a livello europeo, e globale in realtà, sono dettate dal il Capitolo 7.7 del Codice Sanitario degli Animali Terrestri (Terrestrial Animal Health Code) dell’OIE. Ma andiamo per gradi.
L’OIE è l’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale, corrispettivo dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) per la specie umana. È una organizzazione intergovernativa responsabile del miglioramento della salute degli animali in tutto il mondo. L’OIE ha stilato delle raccomandazioni per il controllo del fenomeno del randagismo a livello globale. Queste linee guida sono molto generiche in quanto devono soddisfare i principi culturali e considerare le risorse economiche, gestionali e strutturali di una vasto numero di Paesi. L’OIE stabilisce quindi degli standard minimi, che non possono essere definiti universali considerando che, per esempio, tra i metodi di eutanasia include pratiche inumane come colpi d’arma da fuoco e altre pratiche che mi rifiuto anche solo di citare.
Normativa italiana sui cani randagi, come stanno le cose
Probabilmente anche per quanto riguarda il nostro Paese c’è qualcosa che molti non sanno. In Italia il cambiamento storico e radicale è avvenuto al principio degli anni ’90, con la promulgazione della Legge Quadro 281 del 1991 “in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Questa legge è stata la base per porre la tutela degli animali d’affezione come finalità dello Stato e affermare il loro diritto alla vita ed è ha rappresentato sicuramente un salto di qualità nell’etica del Paese. Venne posta, infatti, la parola fine alla pratica di soppressione degli animali recuperati dal territorio e non reclamati. Perché sì: fino a quel giorno nei canili italiani si praticava eutanasia a centinaia di cani ogni giorno. Venne quindi introdotto il modello di canile rifugio, dove ospitare i cani per ammortizzare il fenomeno del randagismo. Bisogna ammettere però che la gestione del cambiamento è avvenuta in maniera poco strategica e che le risorse messe in campo non sono state sufficienti per evitare che i canili diventassero luoghi di sovraffollamento.
Tornando alla nostra legge nazionale, essa sancisce il principio per cui la lotta al randagismo è basata sulla prevenzione del fenomeno attraverso il controllo demografico, l’obbligatorietà dell’identificazione dei cani e il riconoscimento dei proprietari come responsabili dei propri animali. La legge spartisce ruoli e responsabilità tra Comuni e Regioni, tra cui l’obbligo per queste ultime di istituire l’anagrafe canina, e determina le sanzioni per l’abbandono degli animali e la mancata iscrizione in anagrafe. La Legge Quadro è supportata da altre normative che ampliano e approfondiscono alcune tematiche chiave. Esempi sono le Ordinanze e gli Accordi Stato-Regioni sull’obbligatorietà dell’identificazione e della registrazione dei cani in anagrafe come strumento essenziale per il controllo del randagismo e la Legge 189/04 che, tramite la modifica all’art. 727 del Codice penale sull’abbandono degli animali, amplia le sanzioni che da amministrative diventano penali.
Il ruolo delle Regioni secondo la legge 281/91 sulla prevenzione del randagismo
La Legge 281/91 è definita “Legge Quadro” perché ogni Regione dello stato italiano deve promulgare una legge territoriali basata su quanto sancito dalla legge nazionale. La normativa di riferimento per il controllo del randagismo è quindi sempre regionale e come cittadini dovremmo conoscere i contenuti della legge del nostro territorio. Le leggi regionali sanciscono in maniera dettagliata i distinti punti per il controllo del randagismo introdotti dalla legge nazionale, con la possibilità di ampliare, e mai di ridurre, alcune strategie d’attuazione. Ad esempio, come strategia per ammortizzare il fenomeno, alcune Regioni (del Sud Italia soprattutto) hanno introdotto la figura del cane di quartiere tramite la pratica della “cattura, sterilizzazione e reimmissione sul territorio”. Le Regioni hanno anche il compito di legiferare sulla qualità strutturale e gestionale dei canili.
Osservazioni e criticità: trent’anni dopo la legge quadro 281
Tutte le Regioni avrebbero dovuto recepire la Legge Quadro entro sei mesi dalla sua emanazione ma nella realtà dei fatti tale adempimento è avvenuto solo nel 2001. Ne deriva che alcune Regioni hanno impiegato quasi dieci anni per realizzare il risultato richiesto e comunque tutte hanno recepito il piano in tempistiche diverse. Inoltre, le differenze in campo amministrativo e legislativo tra i vari territori, anche di aree contigue, ne hanno reso più difficile una sistematica attuazione e un coordinamento a livello nazionale. Ad oggi, trascorsi trent’anni dall’emanazione della Legge Quadro, possiamo affermare che la normativa è stata innovativa nel suo tempo e valida nell’impianto e nei principi, ma che al giorno d’oggi è obsoleta e non risulta sufficiente nell’attuazione pratica, con molte tematiche arretrate rispetto alle situazioni attuali.
Esempio può essere già solo l’assenza dell’Anagrafe Canina nazionale, che non permette una reale ed estemporanea tracciabilità dei cani. Inoltre, non è stata prevista una consequenzialità strategica degli interventi. Non ci si è concentrati, ad esempio, sulla prevenzione del fenomeno basata su una valutazione epidemiologica di partenza e di percorso ma piuttosto sull’utilizzo dei canili rifugio di lungodegenza. Questo ha comportato una situazione che è sotto gli occhi di tutti, con risorse impiegate per mantenere rifugi pieni e la situazione del randagismo sostanzialmente immutata in alcune Regioni. Inoltre, da un punto di vista amministrativo, un finanziamento inadeguato, con differenze notevoli tra diverse Regioni e una inadeguata allocazione delle risorse su un piano strategico hanno fatto sì che la situazione potesse solo peggiorare.
Da anni è stata presentata una proposta di legge recante modifiche alla Legge Quadro. L’esame di tale proposta ritenuta “urgente e necessaria”, che vede però paradossalmente iniziare il suo iter nell’aprile 2009, non si è ancora concluso. Tale proposta pone come obiettivo integrazioni e modifiche di temi già disciplinati dalla legge quadro, prendendo atto della persistenza del fenomeno randagismo, al fine di incentivarne una gestione appropriata senza spreco di risorse, e della cresciuta sensibilità collettiva verso gli animali.
Tratto da:https://www.kodami.it/